Corriere della sera - 9 giugno 2006

LA DOCUMENTAZIONE

Caro Romano, affermare, come fa il lettore Vieri Wiechmann, che il Codice Da Vinci è un thriller «ben documentato» è del tutto scorretto, come ampiamente provato da numerosi testi ed articoli che il Corriere stesso ha menzionato o riportato nelle scorse settimane. Ciò non è un particolare secondario, perché Dan Brown pretende invece di essersi ben documentato prima di scrivere il libro. Ciò significa che l’autore prende coscientemente in giro il lettore, prima ancora che la Chiesa cattolica.

Leonardo Eva, Firenze


Replica (pubblicata) di Sergio Romano

Credo che documentazione in questo caso significhi soprattutto una scrupolosa ricerca sugli ambienti, i costumi e i personaggi dell’epoca in cui si svolge l’azione del libro. Ma questo tipo di documentazione non impedisce all’autore, in un’opera letteraria, di fare libero uso della sua fantasia e invenzione.


Mia contro-replica (mai pubblicata)

Caro Romano,

Lei ha sostenuto, rispondendo a una mia lettera (Corriere, 9 giugno), che Dan Brown abbia svolto «una scrupolosa ricerca sugli ambienti, i costumi e i personaggi dell’epoca in cui si svolge l’azione del libro».

Eppure molti studiosi, fra i quali Franco Cardini e John Paul Wauck in “Il Codice da Vinci: bugie e falsi storici”(Società Editrice Fiorentina), hanno evidenziato le molte inesattezze di Brown proprio sugli ambienti, i costumi e i personaggi!

Egli sembra non sapere che i documenti sul Priorato di Sion alla Biblioteca Nazionale di Parigi sono falsificati, che l’Opus Dei non ha al suo interno un ordine monastico, che l’Ultima Cena non è un affresco, che il papa Clemente V operò ad Avignone e non a Roma…

Per non parlare delle questioni di teologia e di storia della religione: la differenza tra papiri di Qumran e di Nag Hammadi, la divinità di Cristo asserita ben prima di Costantino, il maschilismo dei vangeli gnostici, il femminismo della Chiesa cattolica (vedi la figura di Maria)… Tutte cose che Brown confonde o censura.

Sarei curioso di capire perché Lei si ostini a difendere l’indifendibile.

Leonardo Eva

Firenze