DONNE, bellezza e amore - Pt. 1
DONNE, bellezza e amore - Pt. 1
because of a few songs
wherein i spoke of their mystery,
women have been
exceptionally kind
to my old age
(Because of, da dear heather e da Book of longing)
Il primo tema (in ordine logico, cronologico e d’importanza) trattato dalle canzoni di Cohen è quello delle donne: della loro bellezza, del rapporto con loro, dell’amore per loro. Quest’ultimo è sempre stato infatti il motore dell’arte e della vita di Leonard.
Il primo LP, The Songs of Leonard Cohen, descrive esemplarmente molte figure femminili che hanno intrecciato un rapporto con l’artista (in particolare negli anni ’60).
La canzone che dà avvio alla carriera musicale di Cohen è la famosissima Suzanne.
Il brano nasce da due suggestioni, raccontate dall’artista stesso in una nota intervista del 1992 a Paul Zollo: una chiesa dei marinai (Notre-Dame-de-Bon-Secours) nell’area portuale di Montréal con una statua dorata della Vergine Maria, su cui il sole si riflette; l’eccentrica artista Suzanne Verdal (moglie di un amico), che ha un loft sul fiume San Lorenzo presso cui Cohen si ferma spesso a bere un tè con scorze d’arancio («Un momento spirituale» lo definirà lei anni dopo, «perché io invitavo lo Spirito e la Poesia e la conversazione di qualità»).
Leonard unisce due semplici esperienze e le trasfigura.
Per comunicare cosa?
Qui ognuno dovrà prendere posizione.
Ci limiteremo a qualche osservazione. Parole e musica descrivono e associano due rapporti d’amore: uno sul piano umano e uno sul piano religioso.
È amore vissuto in maniera pura, non disincarnata (si prende il tè) ma neppure carnale. Amore virginale, si potrebbe dire, trattandosi anche di Maria (e Leonard e Suzanne lo confermano, nelle loro interviste).
Aggiungiamo che il rapporto con Suzanne non è giustapposto a quello religioso ma è la porta che introduce sia a Gesù (conduce verso l’acqua, e Gesù è visto come un marinaio) sia a Maria, che ci «indica dove guardare, tra i rifiuti e i fiori».
La canzone anticipa molti dei temi di Cohen, su cui torniamo altrove: il rapporto sorprendentemente stretto (per un ebreo) con Gesù («abbandonato, quasi umano»); la vera libertà (che qui giungerà grazie al mare, nell’ora della morte); l’attenzione per “gli ultimi” (solo chi sta annegando riesce a vedere Cristo).
N.B.: È pur vero che Gesù passa dal ruolo di saviour a quello di sailor...
Nota tecnica importante: nella suddetta intervista con Zollo, Cohen chiarisce due concetti che valgono sia per la canzone sia per la sua intera opera, cioè che ci ha lavorato “per mesi e mesi” e che si tratta di un vero miracolo («Non so da dove vengano le buone canzoni altrimenti ci andrei più spesso»!).
Una piccola provocazione: si dice spesso che “il genio è profeta”, intendendo che anticipa vagamente e forse inconsapevolmente temi e motivi che saranno trattati in modo diffuso anni dopo; qui però Cohen è profeta anche nel senso letterale, dato che dedica la canzone più famosa a una donna che ha lo stesso nome di quella che negli anni ’70 gli darà due figli.
Un altro tra i primi successi di Cohen, Sisters of Mercy, ha caratteristiche simili a Suzanne: rende universale un banale fatto della vita del poeta (l’incontro con due autostoppiste a Edmonton, in Canada, che hanno bisogno di un rifugio durante una tempesta e a cui egli offre il proprio letto di albergo per riposare) e soprattutto associa l’amore umano e quello religioso.
La grande domanda che tutti i commentatori si fanno, estremizzando un po’, è: “le sorelle della misericordia” presso cui Leonard si confessa, che appaiono dal nulla e nel nulla ritornano, sono assimilabili a prostitute oppure a suore?
In realtà la risposta è semplice: non esiste questa distinzione di ruoli, nella poetica e nella vita di Cohen. Sono angeli in carne e ossa. Letteralmente.
Altre canzoni riguardano le donne, sempre nel primo disco: sono però di tenore un po’ diverso.
Hey, That’s No Way to Say Goodbye, per esempio, oltre a non rivelarci quasi niente della protagonista, associa l’amore (che in questo caso è stato anche fisico: dettaglio non secondario) all’immagine delle catene, e soprattutto mette a tema il momento del distacco definitivo tra i due amanti.
HEY, THAT’S NO WAY TO SAY GOODBYE
Blues e Rock sono pieni di canzoni dell’abbandono: si tratta di brani magari disperati, ma quasi mai sentimentali.
Dylan è maestro nella “canzone di non amore”: una sorta di dichiarazione d’indipendenza da una donna con cui si è avuta una storia. «Non sono io quello che vuoi, piccola»: It Ain’t Me, Babe. Passiamo oltre, senza rancore...
Cohen ci prova, è sufficientemente ironico («Molti hanno amato prima di noi / So che non siamo una novità»), associa l’amore a una catena (come già sottolineato), ma c’è un dettaglio che non gli sfugge e che lo rende diverso dai “professionisti dell’abbandono”: «I tuoi occhi sono dolci nel dolore». È a causa di ciò che ogni strofa finisce ricordando che «questo non è il modo di dire addio».
Gli occhi di quella che è comunque considerata da Leonard come “la donna sbagliata” rovinano l’eroicità del momento dell’addio.
È un dettaglio molto caratteristico: Cohen è un dongiovanni (nonostante lui smentisca) ma non prende mai nessuna donna alla leggera...